L’usanza popolare dei canti di questua affonda le sue radici nella cultura dell’ospitalità, legata all’impossibilità di sapere se il forestiero che bussava all’uscio di casa fosse realmente un uomo o viceversa un dio sotto spoglie umane. Questa insicurezza è una delle fonti della cultura dell’accoglienza, quella cultura che impone di dimostrare benevolenza al viandante, viaggiatore dall’identità non completamente riconoscibile. Accogliere il forestiero e riservargli un buon trattamento può accrescere il favore degli dei, cosa che nella vita incerta e faticosa del mondo contadino aveva un grande valore di positività e speranza.
I canti di questua sono diffusi un po’ in tutta Italia, sotto varie forme e nomi, e sono legati ad alcune date precise del calendario agricolo. Ad esempio nelle Marche i più importanti sono i seguenti:
La “Pasquella” | 31 Dicembre e 5 gennaio |
Il “Sant’Antonio” o “lu Vecchiò” | 16 gennaio |
Lo “Scacciamarzo” | 31 marzo |
La “Pasciò” (la passione di Cristo) | settimana che precede la Settimana Santa |
Il “Cantamaggio” o “Piantamaggio” | notte tra il 30 aprile ed il 1 maggio |
Tra breve saremo proprio nel periodo del “Cantamaggio“, tradizione diffusa in Toscana, Liguria, Emilia, Umbria ed in parte anche nelle Marche.
Siamo venuti
per cantare il Maggio
e la licenza si vole la prima
e la licenza si vole la prima.
In questo posto
io non c’ho mai cantato
ma se ci canto
ci voglio benedire…
Questo è l’incipit di un canto di maggio, per la precisione il maggio di Vico (Toscana). Da tempo immemorabile il ritorno della primavera, con la rinascita della natura e la fine del gelo invernale, ha rivestito una importanza vitale nel rapporto uomo – natura – agricoltura ed è stata accolta e sottolineata con feste e riti propiziatori di prosperità, fertilità, abbondanza, benessere.
Nel “Cantamaggio”, come negli altri canti di questua, gruppi detti “maggiaioli” o “maggianti” vanno di casa in casa, a volte recando con sé simbolicamente dei rami fioriti, cantando stornelli o canzoni d’amore accompagnati da strumenti della tradizione popolare. Nei vari stornelli i “portatori del maggio” inseriscono anche strofe di richiesta di una ricompensa. Quando si riceve in cambio di questa visita denaro o generi alimentari vari, il canto si conclude con versi augurali di fortuna e fecondità, e si pianta il ramoscello in terra a scopo propiziatorio. Se viceversa l’accoglienza non è stata benevola, i versi di commiato saranno ricchi di invettive.
Viene di maggio che fiori’ la liova
le vostre galline facesser tante uova.
E benevenga maggio
Viene di maggio che fiorisce l’erba
le vostre galline facesser tanta merda!
E benevenga maggio
Viene di maggio se non ci date niente
alle vostre galline ci venga un accidente!
E benevenga maggio
Viene di maggio veniamo col tamburo
se non ci date l’ove vi venga il bruciaculo!
E benevenga maggio
Per approfondire:
- Cantamaggio di Jesi – Numana (AN): http://www.promorro.it/index.php?option=com_content&view=article&id=61&Itemid=90
- Cantamaggio ternano: http://www.cantamaggio.com/le-origini-della-festa.html
- Cantamaggio toscano: https://www.toscanaoggi.it/Cultura-Societa/Siam-venuti-a-cantar-maggio
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